California
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Restare a casa propria è una negligenza di cui, presto o tardi, si verrà puniti (P. Morand)
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Las Vegas - S. Francisco
Appena atterrati a S. Francisco e usciti nella stazione dell’aeroporto per prendere la metropolitana ci rendiamo conto che tutto quello che avevamo letto era vero: il freddo e la nebbia a luglio ci sono davvero e non sono un’iperbole del “viaggiatore Valtur”! Poche ore prima ci trovavamo nel deserto di Las Vegas, ad esibire abiti svolazzanti ed ora sulla banchina vediamo passeggiare ragazzi con cappellini di lana, guanti e sciarpe.... Mi adeguo subito con due maglioni di lana e una pashmia, ma al cappello non avevo pensato ...e ho fatto male!
Il secondo shock lo abbiamo di fronte alla macchina per i biglietti della linea BART: per acquistare una tessera è necessario un abile calcolo matematico degno di un corso di analisi II:
1. Calcolare il prezzo da pagare in funzione della stazione di partenza e di arrivo
(fin qui ci si poteva arrivare con un 24 in analisi I)
2. Partire dal prezzo imposto di 10 $ e a quel punto con i tasti + e - arrivare alla cifra da pagare in funzione anche del numero di biglietti (e qui con i centesimi, le moltiplicazioni e le sottrazioni è divento complicato assai!)
Dopo una mezz’ora di treno arriviamo a Montgomery st., proprio dietro alla porta d’ingresso di China Town. Raggiungiamo il nostro hotel, sotto una pioggerellina resa trasversale dal vento e familiarizziamo subito con le caratteristiche strade in salita della città. L’Hotel des Arts ci fa subito una bella impressione (soprattutto se paragonato alla catapecchia di New York): la camera è piccola, ma molto pulita e con un letto comodissimo. C’è un lavandino, asciugami, saponi e cremine, un televisore al plasma, un frigo e due sedie, il tutto per 90 euro colazione inclusa. Il fatto di trovare sul letto un piumone ovviamente vanifica ogni nostra speranza che l’indomani sarà estate.....
S. Francisco
Ci alziamo con la nebbia e dopo una lauta colazione a base di bagel, marmellata e caffè attraversiamo la porta di China Town e ci immergiamo in un’atmosfera molto particolare, ben lontana dalla Little Italy o dalla stessa China Town di New York. Al di là delle centinaia di negozi di pelletteria e bigiotteria è possibile ammirare deliziosi esempi di architettura cinese, botteghe dove praticano la medicina tradizionale e altre dove si sente il profumo delle anatre laccate stese ad asciugare. Visitiamo una fabbrica di fortune cookies (visita consigliata per chi vuole smettere di mangiare cinese!) e ci facciamo tentare da teiere, bacchette e ultimi gadget di hello kitty.
Arrivati all’estremità del quartiere procediamo fino ad arrivare a North beach, il quartiere italiano dove le vie hanno ancora la doppia denominazione italo-inglese. Eccetto qualche ristorante e caffé storico, non si respira un fascino particolare, così ci spostiamo al Fisherman’s warf per il pranzo. Il quartiere è popolato unicamente da turisti e gabbiani e ha un’atmosfera decisamente decadente, ma lo ricorderemo per la nostra prima Clem Chowder: una fumante zuppa di vongole servita all’interno di un grosso pane, che con il vento gelido che tira, si mangia proprio volentieri!. Nel primo pomeriggio passeggiamo fino a Ghirardelli sq, da cui parte anche la storica cable car, ma la fila per riuscire a salire e il prezzo da pagare, ci fanno desistere.
Dopo una visita obbligata al negozio di cioccolato più famoso della città, Ghirardelli, appunto, approfittiamo di un raggio di sole per fare due passi sulla spiaggia cittadina. Ci arrampichiamo poi tra le strade tortuose di Russian Hill fino ad arrivare a Lombard street: la strada tutta curve e azalee, attorniata da case di lusso in tinte pastello.
Arriviamo fino al Pier 39, altro luogo decisamente turistico, stracolmo di ristoranti e negozi, famoso per la presenza stabile di una colonia di leoni marini. L’emozione nel vederli è sicuramente tanta, ma a posteriori è il posto in cui li abbiamo visti più da lontano; a Santa Cruz, Monterey e lungo la Highway 1 si potevano osservare lontano da orde di turisti e a mezzo metro di distanza.
La sera ci spostiamo a Japan Town per una cena a base di sushi e udon: la scelta di ristoranti è infinita e per ogni budget.
S. Francisco
Ci svegliamo sotto la consueta nebbia, che però questa mattina sembra essere un po’ meno spessa e dopo la solita lauta colazione a base di bagel e caffé passeggiamo fino al Ferry building, attraversando il Financial District. Il quartiere ci fa subito un’ottima impressione, molto più a misura d’uomo di quello di New York, forse anche grazie all’architettura di ispirazione europea non si percepisce per niente quel senso di “freddezza” che invece sentivamo nella grande mela. Entrando nei negozi i commessi parlano volentieri e appena sentono parlare dell’Italia sospirano “Ah, ...l’estate”; cerchiamo di spiegare che noi abbiamo la stessa immagine della California, ma forse siamo stati un po’ ingannati da “Beverly Hills 90210 e Melrose Place”.
All’interno del Ferry building, un tempo nodo commerciale per i traghetti che giungevano in città, oggi si trovano negozi-boutique di cibo: qui è possibile trovare specialità gastronomiche toscane, cioccolata belga e pane biologico, ostriche e accessori chic per la tavola o per il pic nic. Al di là del cibo, la struttura merita sicuramente una visita per la splendida architettura e per la vista sulla baia.
In tarda mattina ci spostiamo con un tram fino al Golden Gate Park, che immediatamente ci si presenta immenso, molto più grande di Central Park a New York. Il nostro obiettivo è quello di visitare il Japanese tea garden, che offre la possibilità di fare una piacevole passeggiata di una mezz’ora, tra ponticelli, pagode,statue di Buddha e aiuole zen.
Riprendiamo il tram è ci dirigiamo verso il simbolo della città: il Golden Gate Bridge. Arriviamo con il sole (e tanto vento) e la vista sulla skyline cittadina, su Angel island e Alcatraz è da tolgliere il fiato. Camminiamo per circa 800 metri nella corsia riservata ai pedoni e alle bici, scattiamo le solite 50 foto ricordo che hanno tutti e torniamo indietro con la nebbia in agguato.
S. Francisco
La mattina esploriamo con calma Union sq, forse la più bella delle piazze della città. La vista è splendida dall’ultimo piano del grande magazzino Macy’s e già che siamo entrati ne approfittiamo per fare spesa di jeans e la sorpresa più bella è quella di scoprire che la taglia 44 sta nel reparto bambino!
In tarda mattinata ci spostiamo al molo di partenza delle visite per Alcatraz: i biglietti (24,5$ a persona) vanno esauriti con circa una settimana di anticipo, quindi è meglio prenotarli con anticipo su internet. La traversata dura circa 15 minuti e la visita sulla baia di S. Francisco è bellissima, anche grazie al cielo azzurro e alla temperatura finalmente quasi primaverile. Appena sbarcati ad Alcatraz con altre 200 persone si percepisce l’atmosfera desolante del luogo, oggi colonizzato da centinaia di gabbiani. L’audioguida, davvero ben fatta, racconta com’era organizzato il penitenziario e i fatti salienti che si svolti al suo interno; è possibile visitare le celle, la mensa, la biblioteca, il cortile per la ricreazione.
Dopo un paio d’ore ritorniamo a S. Francisco e visitiamo la City Hall, un imponente edificio, vagamente rassomigliante a S. Pietro in Vaticano.
Prima di lasciare la città, ci manca da vedere Postcard Row, la famosissima fila di casette vittoriane con la skyline che staglia dietro.
S. Francisco - Sausalito - Santa Cruz
Pronti per lasciare S. Francisco, andiamo alla Hertz per ritirare la nostra auto, che scopriamo essere orrendamente bianca e molto grande come tutte le macchine americane. Attraversiamo il Golden gate bridge in direzione Sausalito e dopo pochi chilometri ci lasciamo magicamente alle spalle anche la nebbia. La cittadina è deliziosa e vistosamente ricca e da qui si gode di una magnifica vista sulla baia di S. Francisco.
Dopo un paio d’ore e uno dei migliori hamburger mangiati durante il viaggio proseguiamo verso Muir Wood, famoso per le sequoie giganti. Gli alberi sono effettivamente spettacolari, ma purtroppo il bosco è decisamente troppo affollato per poter apprezzare a pieno lo spettacolo.
Lasciamo il parco e attraversiamo la silicon valley per proseguire fino a Santa Cruz. La cittadina si sviluppa alle spalle della lunga spiaggia di sabbia fine e dello storico luna park. L’atmosfera è vagamente decadente e il clima troppo freddo per poter pensare di fare attività balneare, così passeggiamo sul molo e incontriamo numerosi leoni marini a distanza davvero ravvicinata. Dopo il tramonto andiamo all’ostello, dove abbiamo prenotato una stanza doppia. Il complesso è molto carino, in quanto ricavato dai Carmelita Cottages, attorniati da un bel giardino di rose, in merito alle camere, nulla di eccezionale, mentre la cucina è davvero ben attrezzata.
Santa Cruz - Monterey - Carmel - Pacific Groove
Lasciamo Santa Cruz subito dopo colazione e scendiamo fino a Monterey, un tempo famosa per la lavorazione delle sardine, dove arriviamo 1 ora e 20 dopo. Qui troviamo il sole, ma la temperatura è ancora decisamente freddina, tanto da farci propendere per un pranzo a base di clem chowder fumante gustata sul grazioso molo della città.
Facciamo poi una passeggiata nel downtown, che non offre attrattive particolari e poi ci spostiamo a Cannary row, il distretto turistico ricavato dalle vecchie aziende di lavorazione del pesce. Il tutto è decisamente troppo turistico per i nostri gusti, così ben presto ci dirigiamo verso Pacific Grove, a poco meno di 15 minuti di strada. Qui la natura è strepitosa, la costa ricorda quella della Cornovaglia e il clima anche, infatti vediamo la nebbia che pian piano si avvicina fino a diventare molto densa... La costa è fiancheggiata da una bella passeggiata con pista ciclabile che termina in un parchetto molto ben tenuto e attrezzato con barbecue e tavoli: il “lover’s point”. Osservando con attenzione si possono scorgere in lontananza leoni marini che si confondono con gli scogli e ovunque regna un denso tappeto di alghe rosse, dette “giant kelp” protette in tutta la costa fino a big sur e tutt’altro che segno di inquinamento. Oltre alla natura il paese ha ben poco da offrire oltre a qualche bed & breakfast lussuoso. Noi optiamo per un meno pretenzioso motel: il Lover’s point inn, che ha camere grandi, pulite e non particolarmente costose (99$), rispetto ai prezzi di Monterey e Carmel.
Prima di cena andiamo a Carmel, la “Portofino della costa californiana”: spiaggia sabbiosa bianca, case perfette con giardini perfetti, gallerie d’arte e boutiques d’alta moda, gente abbronzata (sole di sicuro non preso a qui!!!!), rigorosamente in giacca, cravatte e mantella in cachemire per le donne. Stupenda anche sotto la nebbia. Provo a farmi comprare una casa, ma a stento riusciamo a permetterci di pagare il parcheggio...
Pacific Groove - Highway 1 - S. Barbara
Ci alziamo come al solito sotto una nebbia fitta e prima di avventurarci nella California del sud, dove speriamo di incontrare finalmente l’estate, torniamo a Carmel per una breve passeggiata sulla spiaggia. Appena lasciata Pacific Groove, la nebbia si dirada e possiamo ammirare tutta la baia, con la famosa 17-mile drive, la strada a pagamento che si snoda tra ville e campi da golf.
Lasciata la città imbocchiamo la Highway 1, una strada panoramica che segue le scogliere a picco sull’oceano fino a S. Louis Obispo. Lo spettacolo è magnifico: la nebbia si alza e abbassa stravolgendo completamente i colori e il paesaggio quasi ad ogni chilometro. Ci sono numerose piazzole per sostare e fotografare; per percorrere questa strada ci vogliono quasi due ore, nonostante i chilometri siano pochi, ma ne vale davvero la pena.
Giunti a Piedras Biancas, ci fermiamo con un centinaio di altri turisti ad ammirare una colonia di elefanti marini (molto meno graziosi dei leoni marini incontrati in precedenza).
A poco meno di 20 chilometri da S. Barbara, ci accorgiamo che il termometro inizia a salire e quando ci troviamo sopra la città, tra le vigne, passiamo i 30°C e dopo una settimana di freddo non può che farci piacere! Passiamo a lasciare i bagagli al S.Barbara hostel, che di sicuro non vale neanche la metà dei 95$ che ci chiede e ci dirigiamo immediatamente verso la spiaggia. Ci sdraiamo un paio d’ore per asciugare l’umidità dalle ossa nella più classica spiaggia americana: immensa, sabbiosa e attorniata da palme. Esploriamo poi il downtown, che tra negozi e bar nasconde qualche bell’esempio di architettura tradizionale con edifici rivestiti in adobe e torrette sapgnoleggianti. Purtroppo la città è particolarmente affollata in quanto incrociamo il festival latino americano, che attira gente da tutta la California, per una sera-carnevale a base di musica, alcool e coriandoli. Oziamo per il resto della sera, passeggiando tra il lungomare e il centro.
S. Barbara - Los Angeles (venice)
Pensavamo di essercene liberati, invece ci svegliamo nuovamente sotto la nebbia, così lasciamo presto S. Barbara per raggiungere Los Angeles. Attraversiamo Summerland e Ventura, sempre sotto una cortina di grigio, che ben poco ricorda l’omonimo telefilm, ma fortunatamente arrivati a Los Angeles splende il sole e c’è un bel caldo. Ci fermiamo subito a Venice beach, dove impieghiamo non poco per trovare un parcheggio (mai successo in America) e raggiungiamo la famosa spiaggia di baywatch, costeggiata da negozi, artisti e venditori ambulanti. Anche qui incrociamo una manifestazione che attira un sacco di gente, ovvero la festa degli Hare Krishna, con tanto di processione, carri allegorici, seminari e stand di cibo. La spiaggia è splendida, l’acqua gelida e alcuni negozi davvero carini. Andiamo a curiosare davanti alla palestra all’aperto dove si allenava Arnold Schwarzeneger e ci chiediamo come possano non essere roventi gli attrezzi in metallo sotto il sole delle tredici....
Compriamo un cocco giovane di cui beviamo il succo rinfrescante e ci rimettiamo in macchina per raggiungere il centro di Los Angeles. Cala il silenzio e sale il panico man mano che si avvicina il downtown a causa delle varie junctions che si accavallano rendendo impossibile qualunque forma di orientamento e ci chiediamo come si faceva prima dell’avvento dei navigatori!
Con molta pazienza raggiungiamo il Motel Orbit, in Melrose av. . La camera è pulita, con bagno, asciugami e un balcone, gli spazi esterni sono gradevoli, ma il livello rimane quello di un ostello medio e i 79$ chiesti ci sembrano comunque un po’ tanti. Immediatamente ci rendiamo conto che la città è mostruosamente grande e che senza auto è impensabile anche solo trovare un ristorante.
Los Angeles
Ci alziamo e finalmente qui è davvero estate, prendiamo l’auto e andiamo verso il downtown, dove per 10$ parcheggiamo l’auto per tutto il giorno. Visitiamo il financial district, molto ordinato e gradevole, arriviamo alla Walt Disney Concert Hall, che è semplicemente meravigliosa e visitiamo poi la cattedrale, che è insolitamente accogliente e calda. Attraversiamo Little Tokyo, con i suoi innumerevoli sushi bar e shabu shabu restaurant, curiosiamo dentro alcuni negozi, dove vorremmo comprare una fontana zen, ma il diverso voltaggio della corrente ce lo impedisce. Sempre a piedi decidiamo di spostarci verso lo shopping district, tanto pubblicizzato ovunque. In realtà si tratta di un’accozzaglia informe di negozi privi di arredamento, dove all’interno di scatoloni si trova un’orrenda scelta di abbigliamento, giochi, e cosmetici di fattura cinese. Ripercorriamo al contrario gli isolati che ci separano dalla macchina e dopo esserci fermati nel nostro supermercato preferito: Whole foods market, torniamo in ostello per gustarci il pranzo a base di dahla e roast beef.
Riprendiamo l’auto e andiamo ad esplorare la zona del Kodak theatre e la walk of fame, ma non essendo particolarmente cinefili, riconosciamo giusto una decina di impronte. Passiamo davanti al famoso Mel’s drive in, dove hanno girato la scena più famosa del film “Harry ti presento Sally”. Svariate persone cercano di venderci la mappa per andare a spiare le case dei VIP, ma decidiamo di sfruttare le informazioni caricate nel nostro navigatore. Le ville sono ovviamente protette da cancellate immense, ma in alcuni punti è possibile trovare scorci fotogenici per la scritta “Hollywood”. Esitiamo di fronte alla possibilità di far fuori i soldi rimasti con una cena in un locale alle moda, come quello progettato da Stark, ma alla fine optiamo per qualcosa di decisamente più economico.
Los Angeles - Orange county - Milano (laguna beach newport)
Lasciamo Los Angeles la mattina presto, dopo aver lottato con la chiusura dei bagagli che da qui a poche ore verranno imbarcati per Milano e sotto la guida del navigatore imbocchiamo la highway in direzione S. Diego. Dopo circa un’ora di traffico e slalom tra le corsie dell’autostrada arriviamo a Laguna beach, dove troviamo il classico americano da telefilm, ricco, abbronzato, con cane e suv.. Percorriamo la passeggiata attraverso l’Heisler Park, con palme e ottimi scorci sulle calette sottostanti. Un grupo di pensionate posh da telefilm, mi ferma e chiede da dove viene la collana che indosso e alla parola Italia scatta un sofferto discorso su quanto sia bella Venezia, ...e stenta a credere che noi invece sogniamo la California! Vista l’atmosfera decisamente benestante ci concediamo un panino con il salmone, prima di proseguire verso Newport.
Passeggiamo sul molo della Balboa Penisula e per la prima volta respiriamo un’atmosfera da California, così come ce l’eravamo immaginata prima di partire. Beviamo un frullato, curiosiamo tra le barche ormeggiate e fantastichiamo su quale case acquistare. Avremmo voluto fermarci qui un paio di giorni, magari proseguire per S. Diego e il Messico, ma la nostra vacanza, dopo 19 giorni è arrivata alla fine, così ci mettiamo in viaggio per l’aeroporto e attendiamo il volo che ci riporterà a Milano. Dopo aver giocato un po’ con l’on board entertainment, ci chiediamo: “La meta del nostro prossimo viaggio?””...
Per informazioni sulla California più aggiornate ti consigliamo di leggere il diario di Paolo&Paola