Sud Ovest
Restare a casa propria è una negligenza di cui, presto o tardi, si verrà puniti (P. Morand)
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LAS VEGAS
La nostra prima tappa del sud-ovest è Las Vegas, che raggiungiamo da New York con un volo della United. La coda per il check è sterminata, casualmente veniamo anche scelti per il controllo anti terrorismo (casualmente verremo ancora scelti in tutti i successivi voli all’interno degli USA) e durante le 6 ore di volo, niente cibo, a meno di non pagare!
Comunque il viaggio è splendido: sorvoliamo il Lake Powell, il Grand Canyon e la discesa su Las Vegas è impressionante, perché si passa proprio dietro la strip, ed è già facilissimo riconoscere tutti i grandi alberghi e il deserto sullo sfondo. In più atterriamo anche con un’ora di anticipo!
Recuperiamo i bagagli in pochissimo tempo e una navetta gratuita ed efficiente ci porta al terminal delle auto a noleggio. La Hertz ci dà un Toyota 4 porte, cambio automatico, a/c, cruise control (180€ per 7 giorni full insurance) e in circa mezz’ora raggiungiamo l’hotel Flamingo. Di per sé i chilometri da percorrere saranno 10, ma il traffico è sostenuto già di lunedì mattina e va crescendo fino alla sera, quando è totalmente paralizzato.
Essendo lunedì, riusciamo ad avere una Go Room al ventesimo piano per 87$ (ottenuta smanettando con un po’ di pazienza sul loro sito) e non c’è nemmeno paragone con le stanze standard, abbastanza logore e demodé! L’albergo è arredato con un gusto moderno, il rosa è nel rivestimento degli ascensori, nell’arredamento del Voda bar&restaurant e soprattutto nelle Go Room; la piscina è una delle più belle e grandi che abbiamo visto a Las Vegas, fatta a isole e attorniata da palme rigogliose. ...E il setting usato per i matrimoni è semplicemente delizioso! Con tanto di fenicotteri rosa ad abbeverarsi! La clientela nella media è giovane, abbastanza trendy. C’è anche la Go Pool, dove ci si può mettere in topless: gli uomini pagano 10€ per entrare, mentre per le donne è gratis. Mentre casinò, ristoranti, negozi sono a ingresso librero anche per chi non alloggia al Flamingo, la piscina è riservata agli ospiti; se volete tentare “l’infiltraggio” durante i giorni lavorativi passate tranquilli dall’ingresso, perché non è obbligatorio esibire la card della camera, mentre durante il week end controllano e l’unico modo è passare da dietro (zona fenicotteri --> wedding chapel --> go pool --> campo da beach).
Il clima è a dir poco torrido: c’è un vento caldo che ti toglie il fiato, è impossibile anche solo pensare di fare due passi sulla strip, così ci rifugiamo in piscina per un meritato riposo, dopo i 4 giorni di camminate a New York. Rimaniamo abbastanza sconvolti dai fiumi di alcool che scorrono in piscina, noi siamo praticamente gli unici a non stare a mollo con una caraffa di margarita e a non mangiare hamburger e patatine fritte per merenda.
Verso le 19 ci incamminiamo sulla strip: le distanze sembrano brevi, ma è tutta un’illusione dovuta all’altezza dei palazzi, tanto che per spostarsi nell’hotel di fianco, ci si possono impiegare anche 10 minuti, che diventano 30 se si decide di attraversarlo dall’interno. Per mangiare ci sono infinite possibilità, sono molto gettonati i buffet degli alberghi, il cui prezzo varia dai 15$ del Sahara, ai 21$ del Flamingo e a salire per il Bellagio, il Mirage e il Whynn. La qualità non è stupefacente, ma si può mangiare molto (portando via anche un paio di dolcetti per la colazione!!!).
La sera andiamo prima a vedere lo spettacolo di luci e getti della fontana del Bellagio e poi tentiamo la fortuna con le slot, ma ne usciamo palesemente in perdita (si possono fare giocate a partire da 0,25$), pur sempre meglio del vicino che vediamo collassare per terra con necessario intervento del 911 per la rianimazione!
Nonostante i preconcetti, Las Vegas ci è piaciuta un sacco, gli hotel sono curatissimi in ogni minimo dettaglio (nel “lago” del Bellagio ci sono le vere papere di Como!), il tutto risulta armonioso e interessate. Di culturale in senso stretto non c’è nulla: la principale attività è passeggiare negli alberghi, che sono piccoli centri commerciale. La sera si può scegliere tra un’infinità di spettacoli: noi consigliamo vivamente il Cirque du Soleil, che ha fissi 5 spettacoli, dei quali il più particolare dicono sia “O” (da 93$ a persona). Sulla strip e negli alberghi esistono diversi ticket point che offrono sconti sui biglietti (mai per quelli della sera stessa).
GRAND CANYON (6 ore da Las Vegas)
Causa solito fuso orario alle 7.00 siamo in piedi, così scendiamo sulla strip che a quest’ora è praticamente deserta e ci godiamo un caffè in perfetta solitudine. Rientriamo in hotel, facciamo il check out dal televisore e partiamo per il Grand Canyon. Fino al Lake Mead e alla Hoover Dam siamo praticamente in coda e così scattiamo solo un paio di foto veloci e proseguiamo perché abbiamo davanti 6 ore di viaggio.
Ci fermiamo a mangiare a Kingman, cittadina di passaggio del tutto insignificante e torrida: il termometro segna 41°C, c’è un vento secchissimo e mi si sciolgono le infradito sull’asfalto. Da qui la strada è dritta, dritta, dritta e calda e noiosa e vuota. Cerchiamo di alternarci alla guida perché il colpo di sonno è in agguato rapidamente e non ci sono piazzole per fermarsi. In compenso la polizia è silenziosamente onnipresente e appena osiamo accostare sul ciglio deserto della carreggiata ci si affianca mettendoci in guardia sui pericoli della nostra “manovra azzardata” (?!).
A Williams il paesaggio cambia repentinamente: abbandoniamo il deserto e ci troviamo immersi nella Kaibab forest, degna parente dei boschi svizzeri. All’ingresso del parco ci accoglie un ranger delizioso che ci consegna la cartina del canyon, gli orari di alba e tramonto e ci diffida dall’avvicinare i chipmunk, i cugini dei nostri scoiattoli; paghiamo i 25 $ per l’ingresso (valido 7 giorni) e ci avviamo al nostro lodge. Immediatamente ci guardiamo stupiti l’un l’altro, perché la nostra idea di Grand Canyon viene smontata totalmente: ci immaginavamo terra brulla, strada dissestata e i 4 lodge attaccati; invece le distanze sono grandi, le strade asfaltate e il canyon immerso nella foresta!
Arriviamo al Bright Angel Lodge e ci viene data una stanza molto ben tenuta con bagno in comune per 70 $ (prenotata a marzo, era una delle poche rimaste). Il pensiero va immediatamente al Kenya e ai lodge molto simili che avevamo trovato durante i safari, tutti in legno, perfettamente inseriti nel paesaggio. Qui c’è ovviamente anche il souvenir shop, una minuscola caffetteria e un piccolo ristorante self service, nient’altro: quando cala il buio si guardano le stelle e poi si va a dormire.
Subito fuori dalla nostra camera inizia il Rim trail, un tranquillo e ampio sentiero pianeggiante che costeggia il bordo sud del canyon; il primo sguardo che rivolgiamo timidi al canyon ci lascia senza fiato per la grandezza e la bellezza della natura. Decidiamo di passeggiare sul sentiero fino allo Javapai point (circa 3 km) e di fermarci lì per il tramonto (molte altre persone hanno avuto la stessa idea!). La camminata è facile e la vista incredibile e inaspettata: questa volta la Kaibab forest ci sorprende con una vegetazione simil mediterranea che ci ricorda l’Esterel della Provenza! Il cielo è terso e ci regala un tramonto bellissimo (intorno alle 19.45), in cui tutto si tinge di rosso, con tanto di aquile in posa sui picchi rocciosi.
Dopo aver scattato un numero di foto degne della National Geographic, ritorniamo con la navetta gratuita al lodge e mangiamo un panino comprato prima di entrare nel parco. Il canyon è immerso nell’oscurità e in lontananza decine di fulmini cadono a illuminare l’orizzonte, la temperatura è scesa di molto, così ci ritiriamo nella stanza e puntiamo la sveglia per vedere l’alba.
GRAND CANYON - TUBA CITY (2 ore)
Ci svegliamo alle 5 per vedere l’alba che risulta molto deludente per via della foschia che ricopre il Canyon e poi veniamo quasi assaliti da una famiglia di chipmunck che non vede l’ora di provare i nostri croissant!
Questa mattina abbiamo in programma il volo in elicottero (prenotato a maggio dal sito della Papillon - circa 135 $ a persona), così ci spostiamo all’aeroporto di Tusayan. Per fortuna nel frattempo la foschia si è alzata e possiamo goderci a pieno il nostro “North canyon tour” - circa 30 minuti di volo, in cui io ho anche la fortuna di avere il posto vicino al pilota con conseguente vista a 360° (vetro anche sotto i piedi!). Non è possibile chiedere in anticipo di occupare un posto specifico, perché dipende dal peso dei diversi passeggeri, che devono equilibrarsi. L’elicottero si alza in volo sulla kaibab forest e si sposta verso il south rim per poi attraversare il canyon fino al north rim e scendere brevemente per farci vedere meglio il corso del Colorado. Neanche a dirlo il tour è stato incredibilmente emozionante e ci ha ripagati ampiamente dei soldi spesi; anche la durata del volo ci è sembra giusta, né troppo breve, né troppo lunga. La cosa più interessante è stata sicuramente vedere le differenze tra i due bordi in termini di vegetazione e formazioni rocciose, rendersi conto delle distanze e poter vedere bene il fiume (altrimenti difficile da vedere nella maggior parte dei view point).
Rientriamo al grand canyon village e ci fermiamo a fare un po’ di spesa al supermercato che è davvero ben fornito (molta gente campeggia nel parco per diversi giorni), andiamo al mother point e poi riprendiamo l’auto per vedere in autonomia i punti panoramici della desert view e uscire poi a est del parco. La desert view è meno frequentata delle altre, ma di sicuro non meno interessante. Dagli ultimi 3 view point si riesce a vedere benissimo il Colorado (“Lipan point - Navajo point” e “Desert view”) e dall’ultimo si ha una vista eccezionale sulla Cedar Mountain e si può visitare la Watchtower, una torre costruita nel 1932 per far conoscere la cultura indiana. Qui trovate anche un punto informazioni, un supermercato e un negozio di souvenir.
Lasciamo il Grand Canyon è in un’ora arriviamo a Tuba City, un ottimo punto di sosta per la notte, prima di proseguire per la Monument Valley (2 ore di viaggio). Dormiamo nell’alloggio ricavato in un’ala del liceo della città: il “Greyhills inn”. La camera è enorme, pulita, e ci sono gli asciugamani, il bagno è in comune ed è possibile usare la cucina (microonde e frigo). Per prenotare è necessario telefonare o mandare un fax nel quale indicano un indirizzo e-mail. In città ci sono diversi fast food e un paio di tavole calde, ma nessun tipo di attrazione turistica. Rispetto a Kayenta, che è ugualmente piccola e di poco pregio, i prezzi degli alloggi sono più bassi.
TUBA CITY - MONUMENT VALLEY (2 ore)
La monument valley è come te l’aspetti e come l’hai sempre vista nei poster delle agenzie di viaggio e nei reportage di Licia Colò: la terra rossa, i pinnacoli rocciosi che si stagliano all’orizzonte, vegetazione bassa ai lati e una strada dritta che la taglia nel mezzo. La foto più classica di tutte va però fatta in avvicinamento alla valle provenendo da Mexican hat e non da Kayenta: in questo modo la si fotografa dall’alto, con la strada in discesa. All’ingresso del parco si pagano 10 $ a persona e danno una cartina con i view point e la spiegazione di qualcosa che ci è rimasto incomprensibile, dato che ci hanno dato la versione per giapponesi. Dal parcheggio partono diversi tour organizzati, che chiedono 60$ a testa per lo stesso percorso che si può fare anche in macchina e 65$ per quello che ti porta a vedere anche qualche arco naturale. Prenotando in anticipo da internet gli stessi tour vengono venduti intorno ai 35$. Visto il prezzo e vista la condizione della strada, optiamo per il tour fai da te: si tratta di un percorso di circa 19 km su strada sterrata, ma non particolarmente dissestata e soprattutto abbastanza pianeggiante, quindi non difficoltosa. Su internet avevamo letto molti diari in cui si sconsigliava di percorrerla con la propria auto; credo che dipenda molto dalle condizioni meteo, noi siamo stati fortunati e l’abbiamo trovata assolutamente percorribile anche con la nostra berlina, addirittura dopo di noi sono scesi anche dei camper. Ci aspettavamo più affollamento, invece riusciamo a visitare la valle in tutta tranquillità in un paio d’ore. In alcuni punti ci sono dei Navajo che vendono oggetti di artigianato, ma senza mai essere insistenti con i turisti.
A metà pomeriggio lasciamo la valle in direzione Mexican hat, dove ci fermeremo per la notte. Prima di andare al lodge visitiamo la roccia che ha dato il nome al paese: un gigantesco sombrero di pietra e poi un po’ più in là ci fermiamo al Gooseneck state park, dove il corso del San Juan River ha scavato la roccia formando un ferro di cavallo, davvero impressionante. Saremmo voluti andare a vedere anche il Muley Point, ma dai racconti trovati in giro la strada ci sembrava un po’ troppo sterrata e pericolosa.
Mexican hat ha davvero il sapore del far west: due lodge spartani, un benzinaio, una tavola calda, la terra rossa attorno e qualche cane a fare la guardia al bordo della strada. Noi dormiamo al Mexican hat lodge, dove troviamo una camera sorprendentemente ben arredata per i 79$ pagati e una vera griglieria americana, la “swingin steak”, dove mangiamo più o meno mezza mucca a testa con fagioli e bruschette, mentre il proprietario del lodge canta canzoni country sotto un leggero temporale estivo.
MEXICAN HAT - PAGE (2,5 ore)
Lasciamo Mexican hat, attraversando ancora una volta la Monument valley che tanto ci ha emozionati, per raggiungere Page, sul Lake Powell. All’ingresso della città ci accolgono tre enormi ciminiere, dalle quali esce un fumo nero e denso e capiamo immediatamente che non ritroveremo l’atmosfera dei parchi precedentemente visitati.
La città è costituita da un agglomerato di motel, resort assurdamente lussuosi per il posto e fast food, un supermercato e i soliti due o tre negozi di souvenir. Ci dirigiamo verso la diga e il lago, sperando di recuperare un po’ di entusiasmo, ma anche lì percepiamo la sensazione che questo luogo non si altro che un luna park domenicale per americani ricchi che amano farsi vedere sui loro motoscafi. Purtroppo all’interno del parco non c’è neppure una spiaggetta per rinfrescarsi e gli unici bagnanti si accalcano sulla rampa di cemento.
La giornata prende un’altra piega quando ci spostiamo all’Antelope Canyon, che merita sicuramente una visita. Si pagano 5$ a testa per l’ingresso e 12 $ a testa per la visita guidata (obbligatoria, non è infatti possibile entrare da soli). La stessa visita costa in media 34$ più i 5$ di ingresso se acquistata dai tour operator di Page. La visita dura un’ora e mezza e il momento migliore per andare è intorno a mezzogiorno quando il sole penetra dritto tra le fessure del canyon. Il percorso tra gli stretti corridoi scavati tra le pareti rosse e la sabbia morbidissima sotto i piedi ci incantano e riusciamo perfino a dimenticare di essere in un posto così magico con altre 300 persone!
A metà pomeriggio il cielo si riempie di nuvole minacciose, ma decidiamo comunque di andare a vedere l’Horseshoeband, che si raggiunge dalla periferia di Page in poco più di 10 minuti di camminata tra dune di sabbie e rocce. Di nuovo ci scontriamo con la grandezza della natura, che è imprevedibile ed emozionante da togliere il fiato!
Passiamo la notte al Best Value inn di Page, dove troviamo una camera più che dignitosa, pagata 65$.
PAGE - LAS VEGAS (5,5 ore)
Ci alziamo presto e troviamo ad attenderci una giornata decisamente uggiosa (colpa della coda del tornado che si è abbattuto sul Texas), così ci mettiamo subito in macchina per raggiungere Las Vegas. Avevamo programmato di fermarci brevemente alle “Coral pink sand dunes” e nello “Zyon”, ma visto il brutto tempo desistiamo e poco dopo mezzogiorno siamo di nuovo a Las Vegas. E’ sabato e quindi i prezzi delle camere sono molto più alti rispetto al resto della settimana, tra le sistemazioni più economiche c’è il Sahara, che certo non è splendido, ma nemmeno pessimo. Passiamo il resto la giornata a caccia di biglietti scontati per il Cirque du soleil e a curiosare tra gli alberghi della strip, facciamo qualche bagno in piscina (nel frattempo è tornato il sole) e ritentiamo la fortuna con le slot machines.
LAS VEGAS - S. FRANCISCO (1,5 ore)
La nostra settimana nei parchi del sud ovest è finita, riconsegnamo alla Hertz la macchina e ci imbarchiamo su un volo della American airlines per raggiungere la California che visiteremo in lungo e in largo nella settimana seguente.
Per informazioni sul sud-ovest più aggiornate ti consigliamo di leggere il diario di Paolo&Paola